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mercoledì 4 marzo 2015

8 MARZO - FESTA DELLA DONNA



Quello che vorrei continuare a dire alle donne, anche dopo la mia morte, è di non perdere mai il rispetto di se stesse, di avere dignità. Sempre. 

Franca Rame



Cenni storici. Il fatto risale al 1908 quando, centoventinove operaie dell’industria tessile Cotton di New York, scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero, si protrasse per diversi giorni, finché, in data 8 marzo, il proprietario, tale mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire dallo stabilimento. Seguì un incendio doloso e le 129 operaie prigioniere all’interno dello stabilimento, morirono arse dalle fiamme. Da allora, l’8 marzo, è stata proposta come giornata di lotta internazionale a favore delle donne. L’iniziativa di celebrare tale commemorazione, fu presa per la prima volta da Clara Zetkin, durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenhagen. Dal 1946, la mimosa, fioritura primaverile dal singolare effluvio, le cui caratteristiche dominanti nel linguaggio dei fiori sono: forza e femminilità, diviene il simbolo floreale della Giornata Internazionale della donna. Ciò che però mi lascia perplessa, è l’attuale interpretazione di tale ricorrenza. 


Una riflessione. Se ci voltiamo, possiamo scorgere ovunque, donne che vivono in uno stato di quotidiana e imbarazzante sottomissione all’uomo e che, SOLO ED ESCLUSIVAMENTE  la sera dell’8 marzo ricevono il soffio vitale, e allora; cene luculliane, danze sfrenate, spogliarelli maschili, ma ahimè, ad un certo punto, scocca la mezzanotte, appare la zucca e come per incanto, ecco che si ritrovano catapultate nella vita di sempre, colte a mangiare pane e umiliazioni. Vorrei donare una mimosa e un pensiero d’amore a tutte le donne vittime di soprusi e violenze e, in senso generale, a tutti coloro che lottano per i propri diritti. E vorrei farlo, celebrando una grande donna, anzi LA DONNA: Franca Rame.

Ciao Franca  

Il vento dirige le note
del musicista di strada che,
con scatole e bidoni
s’arrabatta.
Percussioni che
ritmano il cuore.
Un passante avanza furtivo
con una smorfia di
disappunto abbozzata sul volto
mentre bimbi festosi seguono
quel ritmo tribale.
Tutto attorno è magia:
il fuoco delle danze,
l’indolenza della pioggia,
il silenzio dell’attesa.
Due amici s’incontrano
per andare a teatro,
ora pieno e vuoto di te,
nel mezzo di un piovoso
giovedì pomeriggio.

 Giusy Grasso (30.05.2013)

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