“Smettere di riciclare, cominciare a riparare”
E’ l’anno 2009 quando, l’ex giornalista
Martina Postma, concretizza l’idea di un “caffè della riparazione” o “café
reparation”; idea concepita nel 2008 da “Platform 21” , un collettivo di progettisti
oggi non più attivo. Con lo slogan “Smettere di riciclare, cominciare a
riparare” il Manifesto della riparazione del collettivo si contrapponeva ai
movimenti ambientalisti del tempo, i quali, ignoravano completamente il
concetto di riparazione. L’iniziativa, riscuote un discreto successo ad Amsterdam,
dove gli oggetti fino ad allora accantonati, in quanto logori o non funzionanti, si vestono di una nuova luce, grazie all’attività di abili volontari e di
gente comune intenzionata ad apprendere le tecniche di riparazione. Impresa resa ardua,
nell’era moderna, a causa dei materiali frangibili sorti da una volontà palesemente
consumistica. Dovremmo invece, a mio
avviso, apprendere sin dalla più tenera età, magari nelle aule scolastiche,
questa coscienza dell’economia domestica e, ridisegnare l’economia livellando certe distanze sociali. I periodi di crisi, in tal senso, possono offrire spunti per rivalutare certe abitudini e stili di vita. Ai
giovani è stato consegnato un mondo in cui, spesso, ad iniziare sono stati
proprio i genitori o i nonni (a buttar via fogli di carta solo
parzialmente utilizzati oppure oggetti un po’ datati, o ancora, far scorrere l’acqua
inutilmente mentre ci spazzoliamo i denti ipnotizzati dallo sciabordio di
sottofondo, accendere la luce in pieno giorno e mille altre insane abitudini
che non sto ad elencare) ma, come si suol dire: “Non è mai troppo tardi”.
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