Oggi parleremo di MOBBING, una ferita non
ancora rimarginata, una piaga sociale
che attribuisce un valore aggiunto (da interpretarsi con accezione negativa) alla perdita di equilibrio della parola
LAVORO. All’assenza di lavoro, allo sfruttamento sul lavoro e alle mille
problematiche ad esso legate, penso sia
doveroso aggiungere anche questo termine, perlomeno fin tanto che ci sarà
omertà da parte della vittima e dei colleghi non partecipanti che optano per il
ruolo delle tre scimmie sacre, anch’esse, chiaramente, con valenza inversa rispetto al significato d’origine.
Il
termine, di derivazione inglese "mobbing", dal verbo to mob
(attaccare, assalire), ha radici in due significati diversi: un primo
significato, con radici nell'etologia, si riferisce alla condotta di alcune
specie animali, solite circondare in modo ostile un membro del gruppo per
allontanarlo. Un secondo
significato, è riconducibile all'espressione latina "mobile vulgus",
riferito all'assalto dei vecchi dipendenti nei confronti del collega ultimo
arrivato o di quello più capace ed ambizioso rispetto alla media. Il primo a parlare di mobbing quale condizione di persecuzione psicologica
nell'ambiente di lavoro è stato lo psicologo svedese Heinz Leymann alla
fine degli anni ottanta del XX secolo. In Italia, la tematica è stata introdotta dallo
psicologo tedesco Harald Ege, che per
primo nel 2002 ha pubblicato un metodo per il riconoscimento del danno da
mobbing e della fenomenologia tramite il riconoscimento di sette parametri (metodo Ege). Questa pratica è spesso condotta con il
fine di indurre la vittima ad abbandonare da sé il lavoro, senza quindi
ricorrere al licenziamento, che
potrebbe causare imbarazzo o altri problemi al datore di lavoro oppure per ritorsione in seguito a comportamenti
non condivisi, ad esempio: denuncia ai superiori o all'esterno di irregolarità
sul posto di lavoro, rifiuto della vittima di sottostare a proposte o richieste
immorali: sessuali, illegali e quant’altro. Possiamo distinguere il Mobbing
in due categorie: gerarchico o
verticale e ambientale o
orizzontale; nel primo caso, gli abusi sono commessi da superiori gerarchici della
vittima, nel secondo caso invece, sono i colleghi della vittima ad isolarla, a privarla
apertamente dell’ordinaria collaborazione, del consueto dialogo e del
rispetto. Si parla inoltre di mobbing strategico quando l'attività vessatoria e
dequalificante tende ad espellere il lavoratore, per far posto ad un altro
lavoratore (di solito in posizioni di dirigenza o apicali). La pratica
del mobbing sul posto di lavoro si esplica mediante la persecuzione sistematica
di un lavoratore dipendente o
di un collega di lavoro con diversi metodi di violenza psicologica o
addirittura fisica. Ad esempio:
sottrazione ingiustificata di incarichi o della postazione di lavoro,
dequalificazione delle mansioni a compiti banali e con scarsa autonomia decisionale
così da rendere umiliante il prosieguo del lavoro; rimproveri e richiami,
espressi in privato ed in pubblico anche per banalità, dotare il lavoratore di
attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete, arredi scomodi, ambienti
male illuminati, interrompere il flusso di informazioni necessario per l'attività (chiusura della casella di posta elettronica,
restrizioni sull'accesso a Internet), continue visite fiscali in
caso malattia (e spesso al ritorno al lavoro, la vittima trova la scrivania sgombra). Per porre fine al mobbing occorre prendersi del tempo per sé (ferie,
malattia) ed infine denunciare; perché questo sia possibile occorrerà
raccogliere dati, informazioni, in parole povere PROVE dello stato di
impotenza/sottomissione a cui il lavoratore è assoggettato suo malgrado. E’
un problema da non sottovalutare in quanto, a lungo andare, creerà sicuramente nella
vittima: scarsa autostima, angoscia, apatia, incapacità di adattamento e di fiducia
nei confronti di un altro, si auspica più sano, ambiente di lavoro.
Qui
di seguito, alcune delle associazioni che offrono sostegno in questi
casi. Per trovarle basta una semplice ricerca su Internet.
Le
associazioni potranno suggerire legali
di fiducia specializzati in diritto del lavoro.
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